Né passi avanti, né passi indietro. È questo il verdetto sulla sostenibilità ambientale dell’Italia. L’Italia, per il 2023, è già in burnout. Si tratta di un esaurimento energetico, e non solo, chiamato Overshoot day, il giorno in cui le risorse naturali a disposizione per il sostentamento di un Paese terminano prima che l’anno in corso possa dirsi effettivamente concluso. Il punto di non ritorno in Italia è già arrivato: quest’anno cade il 15 maggio, lo stesso giorno di Bahamas e Cile, e non è una buona notizia.
Un tempo la definizione di sostenibilità più comunemente accettata era quella della Commissione Brundtland delle Nazioni Unite, nel 1987:
“..soddisfare i nostri bisogni senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Eppure abbiamo superato il punto di svolta in cui non siamo in grado di sostenere le nostre esigenze, dimenticandoci di quelle delle generazioni future. Evidentemente, nel giro di mezzo secolo, il consumismo, il commercialismo e il capitalismo hanno distrutto l’equilibrio ecologico e l’umanità vive ormai a credito.
La prima volta cadde nel 1972 ed era il 14 dicembre, praticamente la fine dell’anno. Neanche a farlo a posta proprio in quell’anno era stato pubblicato il rapporto “il limite della crescita”, redatto dall’MIT di Boston, proclamando per la prima volta la finitezza delle risorse della Terra, e proprio in quell’anno cadde il primo Overshoot day, ovvero il primo anno in cui siamo riusciti a consumare le risorse del pianeta.
Ormai lo sappiamo, quello di oggi è un appuntamento che cade con regolarità.
Quello del pianeta è a luglio ma in realtà quello dei singoli stati cade qualora le risorse vengano consumate rapidamente dai singoli stati. Il record spetta tuttora al Qatar, che il 14 febbraio ha esaurito le sue risorse. Ma anche l’Italia gioca in un’ottima posizione.
Il 15 Maggio 2023 l’Italia raggiugne il suo #overshootday. Significa che se tutti agissero come noi italiani avremmo bisogno di ben 2,7 pianeta Terra per soddisfare i livelli di consumo della popolazione mondiale.
L’Overshoot Day…https://t.co/eJgLud8FL1 https://t.co/qezNBfHeq1
— Prassede Colombo (@PrassedeColombo) May 14, 2023
Perché gli overshoot day non sono uniformi nei diversi Paesi
Nella lista del GFN (Global Footprint Network), India, Sri Lanka, Nepal, Afghanistan, Kenya, Uganda e Zimbabwe sono solo alcuni dei Paesi del Sud globale che non hanno un Overshoot Day. D’altra parte, il Qatar e il Lussemburgo hanno superato la loro quota annuale di risorse naturali rinnovabili in meno di due mesi, segnando i loro singoli Overshoot Day rispettivamente il 10 e il 14 febbraio.
Che senso ha tutto ciò? Si tratta di una formula. I Paesi la cui impronta ecologica pro capite è inferiore alla biocapacità globale pro capite (attualmente pari a 1,6 gha) non osserveranno un Overshoot Day e potranno vantare una “riserva ecologica”. Il contrario, invece, fa sì che un Paese si trovi in una situazione di “deficit ecologico”.
Its totally unsustainable
Take a look at each country overshoot day
For Canada USA and United Arab Emirates Earth Overshoot day is March 13 https://t.co/HkCvgart5Z pic.twitter.com/JFOA8W9UEP— GO GREEN (@ECOWARRIORSS) July 28, 2022
Le differenze geografiche e topografiche determinano uno squilibrio nella disponibilità di risorse naturali in una regione. Le nazioni sviluppate e ad alto reddito esauriscono le loro razioni a un ritmo più rapido, importando i materiali necessari e vivendo alle spalle delle nazioni a basso reddito.
Ciò significa che, mentre la maggior parte dei Paesi del Sud globale sperimenta date di superamento solo verso la fine dell’anno, le abitudini di consumo del Nord globale annullano le loro riserve prolungate e l’Earth Overshoot Day continua a scalare il calendario.
We’d need 5.1 Earths 🌎 if everyone on the planet lived like residents of the #USA 🇺🇸. If everyone lived like people in #Australia 🇦🇺, we’d need 4.5 Earths 🌏. How does your country compare? Find out here ⤵️https://t.co/kowF86pv5Y#MoveTheDate pic.twitter.com/Yojnrvlpxh
— Footprint Network (@EndOvershoot) July 28, 2022
Il WWF ha indicato che presto potremmo richiedere le risorse di cinque pianeti per soddisfare le nostre esigenze, se la popolazione globale sperperasse le risorse naturali al ritmo dell’americano medio.
“Il deficit è sempre più grande, eppure non c’è stato un vero e proprio scossone al sistema politico. Eventuali ritardi nella data annuale sono stati accidentali, non intenzionali. Abbiamo osservato un miglioramento durante gli shock petroliferi, la pandemia e le crisi finanziarie”.
– Véronique Andrieux, direttore del WWF, Francia.
Oggi è il giorno in cui l’Italia finisce la sua biocapacità
Per biocapacità si intende la capacità della Terra di fornirci le sue risorse, ovvero la produzione (principalmente biologica) di risorse naturali da parte degli ecosistemi terrestri e marini; a questo si aggiunge poi la loro capacità di rinnovare ciclicamente tali beni e di assorbire i rifiuti derivanti dalle attività antropiche nell’arco di 365 giorni.
L’Italia adesso, prima della metà dell’anno, dopo 4 mesi e mezzo, ha esaurito già le sue risorse per il 2023, quindi iniziando a consumare quelle dell’anno dopo.
È un termine abbastanza conosciuto ormai l’Overshootday, che significa, letteralmente, il “giorno dello sforamento”. Come viene calcolato questo giorno? Il punto di partenza è la biocapacità della Terra, ovvero la quantità di risorse ecologiche che il Pianeta è in grado di generare in un dato anno. La biocapacità viene poi divisa per il livello della domanda (i consumi).
Il dato che indica la biocapacità viene espresso in “ettari globali” (gha). Ovviamente la stessa unità di misura è usata anche per l’impronta ecologica.
Ma di cosa si tratta?
Un ettaro globale è un ettaro biologicamente produttivo che esprime il grado medio di produttività per un paese o per il Pianeta in un dato anno. In altri termini, è una media della produttività biologica dei territori in una determinata regione, che la rende così comparabile con quella di qualsiasi altro territorio.
Gli ettari globali a cui corrisponde la biocapacità italiana sono 4,32 gha. Divisi per la biocapacità terrestre (1,6) indicano il numero di Terre che gli italiani consumano in un anno.
L’ultimo anno in cui l’Italia è rimasta a credito per quanto riguarda la sua impronta ecologica è il lontanissimo 1965. Da allora si è verificato un continuo aumento del dato fino al 2007, anno del picco massimo con 3,33 Terre. Ma il calo si è arrestato pochi anni dopo: dal 2013 il Belpaese è su una sorta di plateau e ondeggia tra le 2,6 e le 2,7 Terre. Il trend è in leggero aumento.
Se tutti avessero il nostro stile di vita ci servirebbero 2, 7 pianeti.
Non siamo a livello del Qatar e Lussomburgo che hanno accumultato debito ecologico già a febbraio, gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi e Canada a marzo, ma siamo comunque molto alti nella classifica dei paesi che consuma più rapidamente le proprie risorse, e tra queste il settore alimentare è uno settore chiave, quasi il 31 % dell’impronta ecologica deriva da lì.
Un dato su tutti per capire perché l’alimentazione è cosi impattante: l’80% dei campi coltivati servono a sfamare gli animali che poi utilizziamo per prenderci proteine.
Laetitia Mailhes del GFN afferma:
“Se riuscissimo a dimezzare il consumo di carne, potremmo spostare la data del superamento di 17 giorni. Limitare gli sprechi alimentari farebbe slittare la data di 13 giorni”.
Gli spostamenti fanno un altro 25 %. E un altro settore chiave è lo spreco alimentare. Pensate che dimezzare lo spreco alimentare ci permetterebbe di guadagnare ben 13 giorni sul calendario.
Da qui al 2030 rimangono altri sette anni: sembrano pochi per poter pensare di risolvere il problema climatico e sociale che l’essere umano sta già affrontando.
La scelta è tra il non fare nulla e aspettare, oppure cercare di migliorare, quantomeno per noi stessi.
Il tempo scorre, e fondazioni come Earth Overshooting Day lo scandiscono di anno in anno, certificando quanto quello a disposizione stia inesorabilmente diminuendo.